Casa Messerano

Questo edificio è riconosciuto come Monumento Nazionale. La facciata presenta pregevoli esempi tardo-quattrocenteschi dell’arte del cotto, che nel Rinascimento biellese raggiunse risultati notevoli (come al Piazzo o a San Sebastiano). Gli affreschi sono oggi appena leggibili: il più visibile è la Pietà entro un tondo sopra la porta, accompagnata dalla scritta “IMPIOM HEC PIETAS DOCET”, che secondo Claudia Ghiraldello va letta come “IMPIUM HAEC PIETAS DOCET”, traducibile come “questa Pietà ammonisce l’empio” oppure, con doppio accusativo latino, “la Pietà insegna queste cose all’empio”.

Tra le finestre si distinguono una Madonna sormontata da due angioletti, San Rocco a sinistra e San Sebastiano a destra (raffigurato in abiti cortesi, non nudo e trafitto dalle frecce), affiatata coppia di santi protettori contro la peste. Questo dettaglio rafforza l’ipotesi che, prima di appartenere ai Messerano, la casa fosse destinata a ospedale per pellegrini. Ai due estremi della facciata si trovano, a sinistra, uno scudo con le armi della famiglia, e a destra – ormai quasi invisibile ma riprodotto nei pannelli sulle finestre – l’òm servaj, l’uomo selvatico protagonista di leggende diffuse in tutto l’arco alpino e negli Appennini.

All’interno si conservano altri affreschi, tra cui un’Annunciazione che Ghiraldello attribuisce alla bottega dei fratelli de Bosis, in particolare ad Arcangelo, documentato a Biella nel 1520. I fratelli de Bosis erano figli del milanese Daniele, autore del celebre trittico conservato nella chiesa parrocchiale di San Giacomo al Piazzo. Completano la decorazione un trigramma di San Bernardino (HS), quattro Soli delle Alpi e motivi a grottesche.

A sinistra si apre una porta, forse originariamente inserita nelle mura di Biella, sormontata da merli ghibellini rifatti nel 1922, quando il proprietario Pietro Sozzi affidò il restauro dell’edificio all’ingegnere e architetto torinese Cesare Bertea. Da qui si accede al cortile, da cui si possono osservare le armoniose arcate del fianco sinistro.

Dall’ultima erede della famiglia Messerano, Caterina (1577–1615), la casa passò al marito Sebastiano Ferrero della Marmora. In seguito, i Lamarmora la cedettero al Comune, che la vendette al cavaliere Sozzi, proprietario della vicina Conceria Varale.

2025-07-09T13:55:48+00:00

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